domenica 25 ottobre 2015

La Filosofia della Libertà di Rudolf Steiner - ciclo di incontri di studio presso la associazione Kairòs di Ostia - 2015 /2016

Carissimi amici,
Venerdì 23 ottobre 2015 si è tenuto, presso l'Associazione culturale Kairòs di Ostia, il primo incontro del ciclo dedicato allo studio del libro di Rudolf Steiner, La Filosofia della Libertà.

Questo blog vuole essere il raccoglitore delle riflessioni che sorgono da questi incontri e nello stesso tempo il punto d'incontro virtuale per continuare a scambiarci idee in merito anche quando non ci incontriamo di persona.

 Sono previsti 16 incontri ogni due venerdì. Tenteremo di affrontare un capitolo del libro in ogni incontro. Questo ritmo potrà risultare forzato per alcuni ma nasce dalla mia intenzione di non disperdere la concentrazione su quella che mi auguro potrà risultare alla fine come una visione sintetica su tutta l'opera. Ogni partecipante deciderà poi se e come continuare un approfondimento.

Consiglio ovviamente di leggere per proprio conto ogni capitolo durante i quindici giorni che dividono ogni incontro e di portare quindi le proprie riflessioni e le domande di approfondimento che si avvarranno del contributo di tutti i partecipanti.

In questo post tento una introduzione al lavoro.

La Filosofia della Libertà e una delle opere fondamentali di Steiner. A lui stesso fu chiesto che cosa del suo vasto lavoro avrebbe resistito alla prova del tempo, e rispose così:
"Null'altro che La filosofia della libertà. Ma in essa è contenuto tutto il resto. Chi realizza l'atto di libertà in essa descritto, trova l'intero contenuto dell'antroposofia."
Un "atto di libertà" è un evento di incredibile importanza; ci riflette nientemeno che la nostra natura divina. Chi è in grado di fare un atto libero sta creando una realtà che appena prima non esisteva e che porterà tutte le sue conseguenze nei tempi a venire.

Per questo, rendersi conto della propria libertà è una impresa memorabile in chiunque la realizzi con piena consapevolezza. Una vera e propria Genesi. Ci si rende conto di aver fatto nascere una seconda persona: quella che da quel momento in poi si muoverà nel mondo non più solo come creatura ma anche come creatrice. Il potenziale che si intravede da quel punto è sconcertante e cresce di pari passo al senso di responsabilità.
In questo senso credo di intendere le parole di Steiner "...  trova l'intero contenuto dell'antroposofia".
Si trova cioè il punto di accesso al mondo spirituale non solo come conoscitori ma anche come operatori agenti in esso.
Questo non toglie che i passi successivi, cioè l'addentrarsi in questo "nuovo mondo" con discernimento e la capacità di operare positivamente in esso siano facoltà da sviluppare analogamente a come si dovrebbero sviluppare - per esempio - se si volesse diventare abili chirurghi: attraverso lo studio, la pratica e il discernimento di un sano sentimento.

In cosa consiste - secondo me - l'importanza di studiare La Filosofia della Libertà? Che questo studio è una palestra per la nostra facoltà di pensare. Che attraverso questa fatica si può arrivare a questo primo grande traguardo di conoscersi come esseri liberi. Solo un essere libero è umano; altrimenti è ancora un animale e come tale inconsapevole e irresponsabile. È ancora allo stato giovanile al quale ci porta la Madre Natura; al punto in cui deve lasciare lo sviluppo naturale. Non può portarci oltre, fino cioè all'essere liberi, perché si realizzerebbe il più tragico paradosso: nessuno può essere obbligato ad essere libero. Questa libertà è quindi una prima condizione superiore che si può raggiungere - non è certo a priori - compiendo un salto giù dalle mani di Madre Natura. Non vi è certezza che non si possa cadere  in forme più o meno gravi di incoscienza, degrado o demenza durante gli anni successivi al termine del terzo settennio. Purtroppo il mondo è popolato di una grande casistica di persone "cadute" che "non sanno quello che fanno". Questa è la dolorosa altra faccia della Libertà; questa è l'uscita dal Paradiso.
A Roma c'è una sferzante battuta che si fa verso chi non si rende conto di una certa responsabilità: "Beato te che non capisci niente!". L'abbandono di questa beatitudine "inferiore" (o in casi peggiori anche di una incomprensibile sofferenza) suggella l'ingresso nel mondo come adulti.

Le persone che non sono consapevoli non sono neanche responsabili; sono preda di istinti, passioni, pulsioni, brame o altre forme di possessione più o meno marcata. Costoro non possono dire in modo appropriato semplici frasi come: io penso, io sento, io faccio. Lo dicono pure, ma a una più attenta osservazione sarà chiaro che qualcosa d'altro pensa, sente, agisce in loro. Beninteso questa possessione (chiamata Doppio) ce l'abbiamo tutti noi uomini e donne "normali" per ben oltre il novanta per cento del nostro tempo di veglia.
Il lavoro di studio unito a una oculata pratica di vita, ci può portare a poterci fregiare dell'onore di chiamarci "Io". Questo silenzioso e intimo chiamarci, che solo da noi stessi si può fare (infatti nessun altro può chiamarci usando l'appellativo "io") è del tutto diverso da quell'io pronome che usiamo molte volte al giorno. Quello è di solito l'ego o io inferiore o doppio. L'altro, l'Io superiore, si ha un certo pudore nell'appellarvisi.
Questo Io nasce bambino povero al freddo e al gelo. Appena nato non sa neanche cosa credere, dubita anche di essere nato. Poi si vede. Nudo, inerme, impotente, ma esistente! (... a questo punto cantatevi in testa le fanfare di "Così parlò Zarathustra" di Strauss oppure ascoltatevele su YouTube!).

Da questo momento in poi quello che farà questo Io sono azioni morali. Dovrà acquisire una fantasia morale e una tecnica morale per agirle sempre meglio e opportunamente.

Fare da levatrice per la nascita del nostro piccolo ma micidiale Io è compito che Steiner ci propone con la prima parte del libro (La scienza della libertà). Darci una certa base per sviluppare ulteriori facoltà è compito della seconda parte (La realtà della libertà).

Nel corso di questo studio, proporrò l'uso di un piccolo ma penetrante strumento: la domanda chi sta dicendo/facendo questo? verso se stessi, con l'intento di: 1) accorgersi di pensieri/azioni impersonali, cioè non nostre, non del nostro Io, e 2) di cogliere questo nostro Io in azione, nel porre la domanda al momento opportuno.
All'inizio si dovrà usare il tempo passato (chi ha detto/fatto questo?) perché purtroppo è più facile accorgersi di aver parlato o agito in modo improprio solo dopo, all'insorgere delle conseguenze. Poi qualche volta ridurremo questo tempo sempre più arrivando a morderci la lingua o schiaffeggiarci le mani, finché si potrà arrivare anche a casi in cui ci avviciniamo all'insorgere dell'impulso di volontà nel pensiero. Una roba da super ninja! Ma di solito, prima che il gallo canti, ci saremo traditi... migliaia di volte!

I miei migliori auguri per un proficuo studio a tutti noi!

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