mercoledì 11 novembre 2015

FdL 2° capitolo: L'impulso fondamentale alla scienza

In questo capitolo si domanda: cosa ci spinge a voler conoscere? Perché non ce ne stiamo belli quieti come gli animali quando hanno soddisfatto le loro necessità fisiologiche?

Steiner affronta la questione sostenendo che questo impulso nasca dalla istintiva differenza che ognuno sperimenta tra se stesso e il resto del mondo, gli altri, le cose esterne.

La mia esperienza personale è che la voglia di sapere mi nacque dagli errori e dai contrasti con le persone. Quando ero bambino, i contrasti, i capricci, le insoddisfazioni (e per fortuna non ricordo dolori) li vivevo in modo istintivo e non auto-consapevole. Poi fu chiaro che non nuotavo dentro la realtà sereno e fluido come un delfino tra le onde. Piuttosto: cose che pensavo di aver previsto giuste erano sbagliate; persone con le quali pensavo di essermi comportato bene mostravano antipatia verso di me o sofferenza per causa mia; cosa c'era che non andava? Non capivo! Gli errori, i contrasti, il dolore, il male, erano lì, evidenti, percepibili e sensibili a dimostrare il fatto terribile e incredibile che... non capivo.
Dovete sapere che io da bambino ero già molto presuntuoso e "pieno di me". Questo tratto del carattere ancora me lo porto appresso e sono in parte contento di conservarlo - come potrebbe essere altrimenti? :-) Potete immaginare che per un tipo così, un errore sia bruciante da ammettere. Nei bellissimi, colorati, cangianti e struggenti anni del liceo, a contrasto con lo sforzo richiesto di imparare le materie di studio, sorse l'oziosa domanda: come capisco qualcosa? Era già chiaro che il processo non fosse automatico. Ricordo bene che pensai: se apprendere qualcosa fosse una cosa naturale, in un istante sapremmo tutto! Se la conoscenza fosse un effetto automatico non appena si fa esperienza di qualcosa, come un big-bang alla nascita saremmo effusi nell'universo e tutt'uno con esso. Nessuna domanda sorgerebbe perché non vi sarebbe nulla da domandare a nessun altro; perché io sarei ovunque e conoscerei chiunque come me stesso.
Chiaro, no? Ok ma poi suona la sveglia e devi andare a scuola! Questa era la battuta che ci scambiavamo al tempo, quando uno di noi compagni si perdeva in elucubrazioni mentali. Torniamo sul piano della realtà.
Io non capisco tutto e subito. Anzi, capisco poco; e ci vuole tempo, e fatica! Cavolo, come sarebbe bello se trovassi un metodo per imparare, un procedimento... l'algoritmo della conoscenza! Qualcuno o qualcosa ci mette al mondo, ci fa risvegliare un barlume di consapevolezza e poi ci lascia qui, così, nudi e inermi in balia di un mondo misterioso pieno di problemi, di relazioni insidiose, di professori che ci danno compiti per casa, di ragazze che ci piacciono ma che dicono cose strane e pretendono anche di essere capite! Bisognava riscrivere il testo della famosa canzone "chi non lavora non fa l'amore" in "chi non capisce non fa l'amore".

Questa è la storia del mio impulso fondamentale alla scienza. Non si tratta di qualcosa che nasce già con la camicia bianca stirata come un pensiero filosofico preciso e pulito; nasce dall'oscurità dello sviluppo fisiologico e sorge come sentimento di disagio nell'attrito con la ruvida e cruda realtà. Accade a tutti, prima o poi, se non si resta allo stato selvaggio. Ma in questo caso, il problema semplicemente non esiste. Nessun animale mostra sofferenza per questo problema.
Se vi sentite offesi perché non vi era mai sorto questo problema, gioite! Gli animali non si offendono e anche voi - almeno per questo - state affrontando questo problema.

Questo è il problema dei problemi: come si risolvono i problemi? [cfr 1° cap. FdL]

Non era mio intento riassumere o spiegare qui il 2° capitolo della FdL in oggetto. Il riassunto lo trovate bello e pronto cliccando qui. Piuttosto mi piaceva raccontare questa mia piccola vicenda personale nella speranza che possa risuonare con le vostre che mi piacerebbe molto ascoltare. Se state studiando la FdL (o state pensando di farlo), cosa vi ha spinto, come vi è venuta voglia? Se ancora non è decisamente una gran voglia, quando qualcosa di simile lo è stato? Vi assicuro che una volta assaporato il piacere di comprendere a fondo qualcosa - anche una piccola cosa - questo poi dà dipendenza. Se perciò siete ancora in dubbio se fare la fatica di studiare o meno, sappiatelo. Poi è come per le sigarette: tanto smetto quando voglio; e invece poi...

Per chi fosse già "addicted" suggerisco una chicca goduriosa da pervertiti della filosofia: i commenti alla FdL di Lucio Russo. Nel sito www.ospi.it nel menu "Articoli" e poi nella sezione "Studi gnoseologici". Troverete i "Dialoghi sulla libertà"  [qui l'inizio] e nell'ultima voce a destra del menu principale (La filosofia della libertà) la trascrizione degli incontri di studio sul libro di Steiner [qui l'inizio].

Poi non dite che non ve l'avevo detto!