martedì 8 agosto 2017

Poco compresa

conferenza tenuta a Dornach 8 gennaio 1924 - o.o. 316

"La mia filosofia della libertà è stata poco compresa perché la gente non ha saputo come va letta. È stata letta come si legge qualsiasi altro libro. Ma la filosofia della libertà non è come gli altri libri. È sì intessuta in pensieri, ma in pensieri che sono stati veramente vissuti. I pensieri astratti, logici, correntemente impiegati dalla scienza di oggi giorno, vengono vissuti nel cervello. I pensieri che ho espresso nella mia filosofia della libertà vengono invece paradossalmente vissuti nel sistema delle ossa. E lasciatemi dire ancora qualcosa di strano. È accaduto, solo che la gente non lo ha notato perché non ha collegato le due cose, è accaduto che, a coloro i quali hanno realmente compreso questo libro, è accaduto che, spesso, durante la lettura e specialmente dopo che hanno finito il libro, hanno avuto l'esperienza di sognare degli scheletri .
Questo, è collegato moralmente con la posizione della filosofia della libertà rispetto alla libertà del mondo.
La libertà consiste nel fatto che i muscoli si muovono nel mondo esterno a partire dalle ossa.
La persona non libera segue gli impulsi del suo istinto.
La persona libera dirige se stessa in accordo con quanto viene offerto o richiesto dal mondo esterno . Egli deve entrare in relazione con il mondo. Questo si esprime nell'immaginazione del sistema delle ossa. Interiormente è il sistema delle ossa che sperimenta i pensieri quando sono veramente vissuti. Essi vengono vissuti con il nostro intero essere, del nostro essere terreno. Quindi, i pensieri che sono veramente vissuti vengono sperimentati nel sistema delle ossa. Ci sono state persone che hanno voluto dipingere dei quadri ispirandosi al mio libro. Mi hanno fatto vedere ogni genere di cose. E hanno voluto rappresentare in forma pittorica i pensieri esposti nella filosofia della libertà. Se veramente si vogliono dipingere i contenuti di questo libro, allora bisogna produrre scene veramente drammatiche, come la riproduzione dello scheletro umano. Così come la libertà è qualcosa per cui ci si deve liberare di tutto ciò che è puramente istintivo, allo stesso modo ciò che l'uomo sperimenta come pensiero della Libertà è qualcosa per cui si deve liberare dal proprio sangue e della propria carne. Deve diventare uno scheletro. Deve divenire completamente terreno. I pensieri devono diventare terreni in tutti i sensi. Ciò significa che l'uomo deve compiere un durissimo lavoro su di sé."

sabato 5 marzo 2016

Pensiero del venerdi 19 febbraio 2016
« L’uomo è libero, oppure è sottoposto al destino? Da millenni si discute su tale questione. L’errore sta nel credere che tutti gli individui debbano subire le stesse leggi. Quelli che, come gli animali, obbediscono solo alle loro pulsioni puramente istintive, sono inevitabilmente sottoposti alle leggi della fatalità; è la loro stessa natura a creare per essi questa fatalità. Invece, quelli che hanno acquisito il controllo dei propri istinti e delle proprie passioni, sfuggono alla fatalità per entrare sotto la legge della Provvidenza, della grazia, dove conoscono la luce e la libertà.
Non bisogna immaginare che tutti possano essere liberi o che tutti debbano subire un destino inesorabile. No, la libertà dipende dal grado di evoluzione. In base al suo modo di pensare, di sentire e di agire, l’essere umano cade sotto i colpi della fatalità oppure attira a sé le benedizioni della Provvidenza. Dunque, in certi campi egli è legato, sottomesso al destino, e in altri gli sfugge, è libero… Fino al giorno in cui, dopo molto lavoro e molti sforzi, disporrà pienamente della propria libertà.  »

Omraam Mikhaël Aïvanhov

venerdì 29 gennaio 2016

FdL 3° capitolo: Il pensiero al servizio della comprensione del mondo

Pensatela come volete, ma non potrete evitare di pensare.

Con questo capitolo denso e corposo, che necessita più di una punta di bicarbonato per essere digerito, ci avviciniamo sempre più al centro dei centri: il pensare.

Tutto acquista senso attraverso l'attività pensante. Ma non tutto e non tutta la vita passa per il pensare.
Per esempio i sentimenti, le sensazioni, gli stati d'animo: semplicemente "arrivano" e per noi sono un aspetto importantissimo della vita stessa. Cosa saremmo se non avessimo la facoltà di sentimento? Un vegetale apatico; non è bello. La bellezza stessa la si sente ed è difficile da spiegare usando il pensiero razionale. Lo stesso si può dire della bruttezza, della tristezza, della gioia... eccetera.
Oltre all'arcobaleno dei sentimenti che rendono sapido il vivere c'è poi la vita vegetativa. Quando c'è la salute è silente, incolore, inodore; ci accorgiamo della vita vegetativa quando non funziona bene e allora il desiderio primario è di ristabilirsi. Rimettersi nella condizione di base dalla quale poi tutto il resto può sorgere: il sentire e il pensare.

Ma, attenzione: anche questo lo sappiamo pensandoci. Un pesce non ha la salute: é la salute. E non lo sa. E non ha bisogno di saperlo per essere in salute.
Sempre pensando troviamo un attributo del pensare stesso: non è necessario per vivere sani, per sentire, soffrire, gioire, riprodursi, fare cose... Anche un cane vive. Fa una vita da cani, ma tanto non lo sa.

Un'altra rilevante parte della vita "arriva" senza pensarci: tutte le cose. La percezione delle "cose" ci colpisce prima ancora di suscitare una sensazione e ancora prima di acquistare un qualsiasi senso.

La vita è un immenso luna-park senza il pensare. C'è la giostra di tutti i giorni dove tutto si paga, ci sono panchine per momenti di pace; c'è il divertimento, e anche il tunnel degli orrori. Non serve starci a pensare; non è richiesto alcun titolo di studio.

Aggiungiamo a questo quadro il fatto che l'attività di pensiero ce la troviamo bell'e fatta (almeno fino a un certo grado). Si sviluppa con la crescita fisiologica; basta guardare come un bambino che diventa adulto cambia il modo di considerare (pensare) la realtà e la vita mentre cresce.

Ricapitolando: la vita scorre e ci coinvolge anche senza pensarci troppo; quel poco di pensiero che fa comodo ce lo ritroviamo gratis. Perché starci a pensare?
Pensandoci bene, è proprio dove finisce la necessità che può iniziare la libertà.
Che ne pensate?

mercoledì 11 novembre 2015

FdL 2° capitolo: L'impulso fondamentale alla scienza

In questo capitolo si domanda: cosa ci spinge a voler conoscere? Perché non ce ne stiamo belli quieti come gli animali quando hanno soddisfatto le loro necessità fisiologiche?

Steiner affronta la questione sostenendo che questo impulso nasca dalla istintiva differenza che ognuno sperimenta tra se stesso e il resto del mondo, gli altri, le cose esterne.

La mia esperienza personale è che la voglia di sapere mi nacque dagli errori e dai contrasti con le persone. Quando ero bambino, i contrasti, i capricci, le insoddisfazioni (e per fortuna non ricordo dolori) li vivevo in modo istintivo e non auto-consapevole. Poi fu chiaro che non nuotavo dentro la realtà sereno e fluido come un delfino tra le onde. Piuttosto: cose che pensavo di aver previsto giuste erano sbagliate; persone con le quali pensavo di essermi comportato bene mostravano antipatia verso di me o sofferenza per causa mia; cosa c'era che non andava? Non capivo! Gli errori, i contrasti, il dolore, il male, erano lì, evidenti, percepibili e sensibili a dimostrare il fatto terribile e incredibile che... non capivo.
Dovete sapere che io da bambino ero già molto presuntuoso e "pieno di me". Questo tratto del carattere ancora me lo porto appresso e sono in parte contento di conservarlo - come potrebbe essere altrimenti? :-) Potete immaginare che per un tipo così, un errore sia bruciante da ammettere. Nei bellissimi, colorati, cangianti e struggenti anni del liceo, a contrasto con lo sforzo richiesto di imparare le materie di studio, sorse l'oziosa domanda: come capisco qualcosa? Era già chiaro che il processo non fosse automatico. Ricordo bene che pensai: se apprendere qualcosa fosse una cosa naturale, in un istante sapremmo tutto! Se la conoscenza fosse un effetto automatico non appena si fa esperienza di qualcosa, come un big-bang alla nascita saremmo effusi nell'universo e tutt'uno con esso. Nessuna domanda sorgerebbe perché non vi sarebbe nulla da domandare a nessun altro; perché io sarei ovunque e conoscerei chiunque come me stesso.
Chiaro, no? Ok ma poi suona la sveglia e devi andare a scuola! Questa era la battuta che ci scambiavamo al tempo, quando uno di noi compagni si perdeva in elucubrazioni mentali. Torniamo sul piano della realtà.
Io non capisco tutto e subito. Anzi, capisco poco; e ci vuole tempo, e fatica! Cavolo, come sarebbe bello se trovassi un metodo per imparare, un procedimento... l'algoritmo della conoscenza! Qualcuno o qualcosa ci mette al mondo, ci fa risvegliare un barlume di consapevolezza e poi ci lascia qui, così, nudi e inermi in balia di un mondo misterioso pieno di problemi, di relazioni insidiose, di professori che ci danno compiti per casa, di ragazze che ci piacciono ma che dicono cose strane e pretendono anche di essere capite! Bisognava riscrivere il testo della famosa canzone "chi non lavora non fa l'amore" in "chi non capisce non fa l'amore".

Questa è la storia del mio impulso fondamentale alla scienza. Non si tratta di qualcosa che nasce già con la camicia bianca stirata come un pensiero filosofico preciso e pulito; nasce dall'oscurità dello sviluppo fisiologico e sorge come sentimento di disagio nell'attrito con la ruvida e cruda realtà. Accade a tutti, prima o poi, se non si resta allo stato selvaggio. Ma in questo caso, il problema semplicemente non esiste. Nessun animale mostra sofferenza per questo problema.
Se vi sentite offesi perché non vi era mai sorto questo problema, gioite! Gli animali non si offendono e anche voi - almeno per questo - state affrontando questo problema.

Questo è il problema dei problemi: come si risolvono i problemi? [cfr 1° cap. FdL]

Non era mio intento riassumere o spiegare qui il 2° capitolo della FdL in oggetto. Il riassunto lo trovate bello e pronto cliccando qui. Piuttosto mi piaceva raccontare questa mia piccola vicenda personale nella speranza che possa risuonare con le vostre che mi piacerebbe molto ascoltare. Se state studiando la FdL (o state pensando di farlo), cosa vi ha spinto, come vi è venuta voglia? Se ancora non è decisamente una gran voglia, quando qualcosa di simile lo è stato? Vi assicuro che una volta assaporato il piacere di comprendere a fondo qualcosa - anche una piccola cosa - questo poi dà dipendenza. Se perciò siete ancora in dubbio se fare la fatica di studiare o meno, sappiatelo. Poi è come per le sigarette: tanto smetto quando voglio; e invece poi...

Per chi fosse già "addicted" suggerisco una chicca goduriosa da pervertiti della filosofia: i commenti alla FdL di Lucio Russo. Nel sito www.ospi.it nel menu "Articoli" e poi nella sezione "Studi gnoseologici". Troverete i "Dialoghi sulla libertà"  [qui l'inizio] e nell'ultima voce a destra del menu principale (La filosofia della libertà) la trascrizione degli incontri di studio sul libro di Steiner [qui l'inizio].

Poi non dite che non ve l'avevo detto!

lunedì 26 ottobre 2015

FdL 1° capitolo: L'azione umana cosciente

Steiner in apertura del primo capitolo affronta subito la domanda-chiave:
«È l'uomo, nel suo pensare e agire, un essere spiritualmente libero, o sta sotto la costrizione di una ferrea necessità determinata da leggi puramente naturali?»
Portando esempi di pensatori contemporanei e del passato (Spinoza), rileva come tutti questi credano nella illusorietà della libertà perché sostengono che l'uomo s'inganni spesso e volentieri non cogliendo le motivazioni occulte delle sue azioni.

Osservazione 1) ok, ma per sostenere questo, occorre che almeno loro, questi pensatori, si siano accorti di qualche motivazione di cui altri non si sono accorti. Allora però vuol dire che qualcuno ne ha potuto avere consapevolezza: Loro! Forse per una sorta di pessimismo costoro si saranno detti: bene, io mi sono accorto delle inconsapevolezza di altri, ma chissà di quante mie non mi sarò accorto! E con questa triste idea (moltissime volte giustificata!) si sono iscritti di diritto nel Club 2P dei "Paranoici Paradossali" come inconsapevoli consapevoli di esserlo.

Osservazione 2) Usiamo il trapano del "chi l'ha detto?". Se anche tu, filosofo che sostieni la non-libertà a causa della inconsapevolezza delle cause, sei un inconsapevole, allora per favore taci perché non sei consapevole di quello che dici. Se invece almeno di questo che stai dicendo sei consapevole (di essere, a volte, incosapevole) allora vorrà pur dire che qualche volta in qualche modo sei riuscito ad essere consapevole! Alleluja! Spendi il tuo acume verso il tuo caso di successo!

Steiner fa notare che, sì, certamente se di un'azione non si è consapevoli delle cause, allora di sicuro non è un'azione libera. Ma - osserva - che succede se invece si fosse consapevoli di queste cause? Cambia qualcosa? A questa domanda si obietta: "un prigioniero non diventa libero se pur conosce il proprio carceriere". Riprenderemo questa obiezione in seguito.

Steiner lascia per il momento in sospeso la domanda diretta e sposta la nostra attenzione sulla differenza che ci potrebbe essere se conosciamo i motivi di un'azione e più in generale se possiamo conoscere qualcosa.
Quel che distingue l'uomo da tutti gli altri esseri organici, è il suo pensiero razionale: l'agire, egli l'ha in comune con altri organismi. Per chiarire le nostre idee sulla libertà delle azioni umane, a nulla giova il cercare analogie nel regno animale.
(Gli animali sono tipicamente inconsapevoli del loro comportamento e agiscono per istinto)
Che un'azione non possa esser libera se il suo autore non sa perché la compie, è evidente. Ma come stanno le cose per le azioni di cui si conoscono i motivi? Questo ci porta alla domanda: «Qual è l'origine e il valore del pensare?»
 Quest'ultima domanda è la meditazione che ci porteremo fin nel prossimo incontro.

 

domenica 25 ottobre 2015

La Filosofia della Libertà di Rudolf Steiner - ciclo di incontri di studio presso la associazione Kairòs di Ostia - 2015 /2016

Carissimi amici,
Venerdì 23 ottobre 2015 si è tenuto, presso l'Associazione culturale Kairòs di Ostia, il primo incontro del ciclo dedicato allo studio del libro di Rudolf Steiner, La Filosofia della Libertà.

Questo blog vuole essere il raccoglitore delle riflessioni che sorgono da questi incontri e nello stesso tempo il punto d'incontro virtuale per continuare a scambiarci idee in merito anche quando non ci incontriamo di persona.

 Sono previsti 16 incontri ogni due venerdì. Tenteremo di affrontare un capitolo del libro in ogni incontro. Questo ritmo potrà risultare forzato per alcuni ma nasce dalla mia intenzione di non disperdere la concentrazione su quella che mi auguro potrà risultare alla fine come una visione sintetica su tutta l'opera. Ogni partecipante deciderà poi se e come continuare un approfondimento.

Consiglio ovviamente di leggere per proprio conto ogni capitolo durante i quindici giorni che dividono ogni incontro e di portare quindi le proprie riflessioni e le domande di approfondimento che si avvarranno del contributo di tutti i partecipanti.

In questo post tento una introduzione al lavoro.

La Filosofia della Libertà e una delle opere fondamentali di Steiner. A lui stesso fu chiesto che cosa del suo vasto lavoro avrebbe resistito alla prova del tempo, e rispose così:
"Null'altro che La filosofia della libertà. Ma in essa è contenuto tutto il resto. Chi realizza l'atto di libertà in essa descritto, trova l'intero contenuto dell'antroposofia."
Un "atto di libertà" è un evento di incredibile importanza; ci riflette nientemeno che la nostra natura divina. Chi è in grado di fare un atto libero sta creando una realtà che appena prima non esisteva e che porterà tutte le sue conseguenze nei tempi a venire.

Per questo, rendersi conto della propria libertà è una impresa memorabile in chiunque la realizzi con piena consapevolezza. Una vera e propria Genesi. Ci si rende conto di aver fatto nascere una seconda persona: quella che da quel momento in poi si muoverà nel mondo non più solo come creatura ma anche come creatrice. Il potenziale che si intravede da quel punto è sconcertante e cresce di pari passo al senso di responsabilità.
In questo senso credo di intendere le parole di Steiner "...  trova l'intero contenuto dell'antroposofia".
Si trova cioè il punto di accesso al mondo spirituale non solo come conoscitori ma anche come operatori agenti in esso.
Questo non toglie che i passi successivi, cioè l'addentrarsi in questo "nuovo mondo" con discernimento e la capacità di operare positivamente in esso siano facoltà da sviluppare analogamente a come si dovrebbero sviluppare - per esempio - se si volesse diventare abili chirurghi: attraverso lo studio, la pratica e il discernimento di un sano sentimento.

In cosa consiste - secondo me - l'importanza di studiare La Filosofia della Libertà? Che questo studio è una palestra per la nostra facoltà di pensare. Che attraverso questa fatica si può arrivare a questo primo grande traguardo di conoscersi come esseri liberi. Solo un essere libero è umano; altrimenti è ancora un animale e come tale inconsapevole e irresponsabile. È ancora allo stato giovanile al quale ci porta la Madre Natura; al punto in cui deve lasciare lo sviluppo naturale. Non può portarci oltre, fino cioè all'essere liberi, perché si realizzerebbe il più tragico paradosso: nessuno può essere obbligato ad essere libero. Questa libertà è quindi una prima condizione superiore che si può raggiungere - non è certo a priori - compiendo un salto giù dalle mani di Madre Natura. Non vi è certezza che non si possa cadere  in forme più o meno gravi di incoscienza, degrado o demenza durante gli anni successivi al termine del terzo settennio. Purtroppo il mondo è popolato di una grande casistica di persone "cadute" che "non sanno quello che fanno". Questa è la dolorosa altra faccia della Libertà; questa è l'uscita dal Paradiso.
A Roma c'è una sferzante battuta che si fa verso chi non si rende conto di una certa responsabilità: "Beato te che non capisci niente!". L'abbandono di questa beatitudine "inferiore" (o in casi peggiori anche di una incomprensibile sofferenza) suggella l'ingresso nel mondo come adulti.

Le persone che non sono consapevoli non sono neanche responsabili; sono preda di istinti, passioni, pulsioni, brame o altre forme di possessione più o meno marcata. Costoro non possono dire in modo appropriato semplici frasi come: io penso, io sento, io faccio. Lo dicono pure, ma a una più attenta osservazione sarà chiaro che qualcosa d'altro pensa, sente, agisce in loro. Beninteso questa possessione (chiamata Doppio) ce l'abbiamo tutti noi uomini e donne "normali" per ben oltre il novanta per cento del nostro tempo di veglia.
Il lavoro di studio unito a una oculata pratica di vita, ci può portare a poterci fregiare dell'onore di chiamarci "Io". Questo silenzioso e intimo chiamarci, che solo da noi stessi si può fare (infatti nessun altro può chiamarci usando l'appellativo "io") è del tutto diverso da quell'io pronome che usiamo molte volte al giorno. Quello è di solito l'ego o io inferiore o doppio. L'altro, l'Io superiore, si ha un certo pudore nell'appellarvisi.
Questo Io nasce bambino povero al freddo e al gelo. Appena nato non sa neanche cosa credere, dubita anche di essere nato. Poi si vede. Nudo, inerme, impotente, ma esistente! (... a questo punto cantatevi in testa le fanfare di "Così parlò Zarathustra" di Strauss oppure ascoltatevele su YouTube!).

Da questo momento in poi quello che farà questo Io sono azioni morali. Dovrà acquisire una fantasia morale e una tecnica morale per agirle sempre meglio e opportunamente.

Fare da levatrice per la nascita del nostro piccolo ma micidiale Io è compito che Steiner ci propone con la prima parte del libro (La scienza della libertà). Darci una certa base per sviluppare ulteriori facoltà è compito della seconda parte (La realtà della libertà).

Nel corso di questo studio, proporrò l'uso di un piccolo ma penetrante strumento: la domanda chi sta dicendo/facendo questo? verso se stessi, con l'intento di: 1) accorgersi di pensieri/azioni impersonali, cioè non nostre, non del nostro Io, e 2) di cogliere questo nostro Io in azione, nel porre la domanda al momento opportuno.
All'inizio si dovrà usare il tempo passato (chi ha detto/fatto questo?) perché purtroppo è più facile accorgersi di aver parlato o agito in modo improprio solo dopo, all'insorgere delle conseguenze. Poi qualche volta ridurremo questo tempo sempre più arrivando a morderci la lingua o schiaffeggiarci le mani, finché si potrà arrivare anche a casi in cui ci avviciniamo all'insorgere dell'impulso di volontà nel pensiero. Una roba da super ninja! Ma di solito, prima che il gallo canti, ci saremo traditi... migliaia di volte!

I miei migliori auguri per un proficuo studio a tutti noi!